giovedì 13 novembre 2014

Piovra del bosco

Non tutto ciò che scrivo è prezioso. non tutto è prezioso. Preziose sono le luci del prisma lunare. Quanto ancora aspetteremo? Devo. Forzare, e frusto i miei gechi che tirano il carro in rovina, odoroso, dorato. Mi faccio largo con le lucciole mie sirene. Da dove giunge la strada? Quale e come? Da inverni giriamo su noi stessi in questa palude. Un affogo che non si compie e si trascina, le ventose sgusciano dalle rocce e tonfano sulla poltiglia melmosa. Una danza lenta e pietosa, un rito di bozzolo, una schiavista in rovina, affonda in un carro d'oro. Il ritmo è preciso. Assistono dall'alto i rami baldanzosi. Assistono e si accostano, si avvicinano gli uccelli, partecipano al frastuono solenne. Rondini in picchiata sui nostri capi, s'impigliano nella tempesta di riccioli i loro becchi. La pelle è fango e pallore, e segni e ventose. Da qui. Non ci muoviamo.
E schiocca la frusta e trancio ali di mosca che cadono sul gorgo impietoso. Piccole vele vitree, s'apprestano le locuste a tirarle con i rami verso la riva, le raccolgono le formiche in una grande pigna, e da quelle, grazie a quelle, ridanno ali alle cimici, che volano, impazzite, a chiedere aiuto. Oltre il continente,


sabato 17 maggio 2014

non respiro



venerdì 11 aprile 2014

il pianto è un dio che si implora.

domenica 23 febbraio 2014

Reverie dell'abisso

Si spaccherà una croce nella nuca.

O alleati dei miei pensieri, dove siete morti, adagiandovi? Vedo ii vostri corpi arresi, ne assaggio le unghie molli. Divengono funghi per colorare il bosco che presto scomparirà.

Non ho controllo alla nuca. La mia noce spiccherebbe il volo, seghettando il bosco, decapitando il vostro mondo, e il mio alveare, infuriato, rincorrerà per leghe la vostra mandria della luce, via, sciacquata e mutilata dalle giuste forze marine insipide ed alcaline, vi rincorreranno per secoli, i cervi consumeranno i loro zoccoli, le orecchie usurate per la loro veglia, il pelo irto nella corsa d’odio, cavalcheranno come stalloni, i miei daini, cerbiatti, cervi, ora sono creature mostruose, spuntano artigli alle loro zampe, s’infuocano i loro occhi, sangue cola dalla loro mandibola nella stretta ardita ed eterna, la stretta eterna dei loro denti che ne scaveranno il palato, trafiggeranno la nuca ed ecco altri corni, due, quattro, i loro denti si inghiottiranno e affioreranno spargendosi lungo la schiena e la coda, divenuta la punta di una lancia, dalle costole squarciate pulluleranno pipistrelli, aggrappati al loro ventre, che volano e mordono e volano e si uniranno, moriranno divorandosi e le loro pelli creeranno magnifiche ali. Il cervo di fuoco il cervo di sangue lo stallone la creatura, il drago cavalca sempre meno le foglie, sempre di più il cielo, raggiunge, raggiunge il vostro stormo luminoso, lo vede, lo vede rosso lo vede nero lo vede putrido lo vede morto, e avanza, sbatte le ali con violenza spostando ampie porzioni di cielo, ecco si appresta, ecco si avventa, ecco s’innalza e brilla e illumina della sua luce variopinta, della sua luce densa e tropicale a cui date la caccia. Io cerbiatto di bosco vi riduco a brandelli. Io drago, vi uccido. Getto un’intera nube sui vostri equini patetici, si abbatte la mia nube e la mia ombra, non vi scorgo, siete già schiacciati.
 Finalmente un fuoco purpureo spazza tutta la terra.

Finalmente è pulita.


Finalmente è guerra.