Si spaccherà una croce nella nuca.
O alleati dei miei pensieri, dove siete morti, adagiandovi? Vedo
ii vostri corpi arresi, ne assaggio le unghie molli. Divengono funghi per colorare
il bosco che presto scomparirà.
Non ho controllo alla nuca. La mia noce spiccherebbe il
volo, seghettando il bosco, decapitando il vostro mondo, e il mio alveare,
infuriato, rincorrerà per leghe la vostra mandria della luce, via, sciacquata e
mutilata dalle giuste forze marine insipide ed alcaline, vi rincorreranno per
secoli, i cervi consumeranno i loro zoccoli, le orecchie usurate per la loro
veglia, il pelo irto nella corsa d’odio, cavalcheranno come stalloni, i miei
daini, cerbiatti, cervi, ora sono creature mostruose, spuntano artigli alle
loro zampe, s’infuocano i loro occhi, sangue cola dalla loro mandibola nella
stretta ardita ed eterna, la stretta eterna dei loro denti che ne scaveranno il
palato, trafiggeranno la nuca ed ecco altri corni, due, quattro, i loro denti
si inghiottiranno e affioreranno spargendosi lungo la schiena e la coda,
divenuta la punta di una lancia, dalle costole squarciate pulluleranno
pipistrelli, aggrappati al loro ventre, che volano e mordono e volano e si
uniranno, moriranno divorandosi e le loro pelli creeranno magnifiche ali. Il
cervo di fuoco il cervo di sangue lo stallone la creatura, il drago cavalca
sempre meno le foglie, sempre di più il cielo, raggiunge, raggiunge il vostro
stormo luminoso, lo vede, lo vede rosso lo vede nero lo vede putrido lo vede
morto, e avanza, sbatte le ali con violenza spostando ampie porzioni di cielo,
ecco si appresta, ecco si avventa, ecco s’innalza e brilla e illumina della sua
luce variopinta, della sua luce densa e tropicale a cui date la caccia. Io
cerbiatto di bosco vi riduco a brandelli. Io drago, vi uccido. Getto un’intera
nube sui vostri equini patetici, si abbatte la mia nube e la mia ombra, non vi
scorgo, siete già schiacciati.
Finalmente un fuoco purpureo
spazza tutta la terra.
Finalmente è pulita.
Finalmente è guerra.
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